micche di pane tradizionale di segale

Gastronomia e cucina

La cucina tradizionale delle valli degli Escartons è stata da sempre improntata sui pochi alimenti disponibili sul posto, legata strettamente al ciclo delle stagioni, ai raccolti e al tempo.

La vita quotidiana delle comunità contadine ruotava intorno alla fienagione, alla coltivazione dei campi, all’allevamento del bestiame. La conformità del territorio montano, con suoli in pendenza e spesso pietrosi ed il clima piuttosto rigido, hanno ridotto il numero di specie coltivabili. Una specie che si è adattata ottimamente a questo ambiente è senza dubbio la patata, protagonista di molte ricette tipiche e di altrettanto numerose varianti locali.

La patata, regina della tavola

Oggi vengono formulate diverse ipotesi a riguardo della sua introduzione: c’è chi afferma che sia giunta in Piemonte solo nel 1803, per mano dell’agronomo Vincenzo Virginio e chi invece sostiene che fosse già diffusa nella seconda metà del secolo XVII. La storia racconta che un valdese, tale Antoine Seignoretm fece conoscere questo tubero agli albori del 1700 nel ducato del Württemberg, donandolo al Pastore Enrico Arnaud. I tedeschi, in un primo tempo, coltivarono la patata solo per l’alimentazione del bestiame, anche perché i medici locali sostenevano che tale alimento fosse dannoso per la salute e causasse capogiri e stordimenti (in effetti la solanina, presente soprattutto nelle foglie e nei germogli, può diventare tossica se il tubero non è correttamente conservato in luoghi freschi e asciutti). Il farmacista francese Parmentier nella seconda metà del Settecento venne premiato per aver promosso l’utilizzo in cucina della patata, che divenne il cibo dei poveri e permise di sfamare tante famiglie. Questo tubero costituiva anche un’importante merce di scambio nei fondovalle, dove veniva ceduta soprattutto come “seme” per l’annata successiva, in cambio di prodotti che in montagna non crescevano o non potevano essere coltivati (ad es. castagne, mele, pere...).

Erbe e ortaggi

Altre specie coltivate erano, tra gli ortaggi, la verza, la barbabietola, le carote. In primavera ci si poteva inoltre dedicare alla raccolta delle erbe spontanee, ad es. il tarassaco, i “luvertin” (asparago selvatico), la borraggine, le ortiche, le orle (il cui nome comune è Erba Buon Enrico, specie di spinacio selvatico che cresce soprattutto su suoli acidi, nei dintorni degli alpeggi), da impiegare nella preparazione di insalate, frittate, minestre e terrine. La produzione di farina era ricavata dal frumento e dalla segale. L’orzo era utilizzato per le minestre o tostato e servito come bevanda.

Il maiale, una risorsa La carne si mangiava molto raramente anche perché gli animali venivano allevati principalmente per poter disporre di alimenti come il latte e le uova con una certa continuità, fatta eccezione per il maiale che veniva sacrificato annualmente e consumato pressoché integralmente. Oltre ai tagli di carne, alla produzione di prosciutti e lardo, all’impiego del lardo come condimento e conservante per i cibi, si cucinava persino il sangue, da servire con la polenta, si sfruttavano i ritagli nei soffritti, si tagliavano a pezzi le ossa scarnate e si conservavano sotto sale per lessarle poi con le patate e dare gusto al brodo. Una ricetta di origine francese (il Bashouà) prevede l’impanatura del piede del suino.

L’arte del pane

Fino agli inizi del ‘900 l’alimentazione in montagna era fortemente basata anche sul pane di segale. La panificazione costituiva un’importante attività di coinvolgimento di tutte le famiglie del paese. La farina macinata nei mulini locali veniva impastata con acqua ed il lievito preparato in casa e la pasta così ottenuta veniva lasciata lievitare per molte ore prima di essere messa a cuocere nel forno comune scaldato a legna. Mentre in primavera ed in estate si preparava il pane circa ogni quindici giorni, in autunno si panificava una sola volta e le forme prodotte si conservavano per tutta la stagione invernale su appositi attrezzi appesi al soffitto che consentivano la circolazione dell’aria ed impedivano l’accesso ai roditori. La cottura del pane forniva l’occasione per preparare altre specialità come il pan dolce, la torta di mele e soprattutto a Oulx , Bardonecchia e Pragelato una particolare torta a base di barbabietole, la Tourta ‘d carotta roùia. Il pane secco non veniva sprecato ma impiegato per essere intinto nel latte a colazione o utilizzato nella preparazione di sformati dolci come la Tarta d’Ols (torta di Oulx) realizzata versando su fette di pane sistemate in una tortiera, un composto a base di uova, latte (panna in alcune ricette), zucchero e scorza di limone oppure come ingrediente principale delle Calhètta ‘d pan e della Soupe grasse dell’alta Val Susa, una zuppa tipica delle zone di montagna, fatta a strati alternati di pane di segale e toma inzuppata con brodo e fatta cuocere a lungo senza rimestare; in alcune zone la “Soupe grasse” è una panata arricchita con toma e soffritto di cipolla, in altre solo il primo strato è costituito da pane, mentre gli altri due vengono sostituiti con grissini artigianali, fino a giungere a prepararla con soli grissini come accade per la ‘soupa barbetta’ valdese. Un’altra versione di zuppa con il pane è quella chiamata la Panado, alla moda della Val Varaita, in cui oltre al pane ed alla “toumo duro” grattugiata, si aggiungeva anche un uovo e si condiva con burro.

Il miele

Nell’ambito delle attività agricole, nella zona di Pragelato ha rivestito una certa importanza la produzione di miele, un tempo misurata in rubbi (un rubbo = 9,22 Kg.). Esistono diverse citazioni a riguardo dell’apicoltura, a partire dalla prima metà del XIX secolo. Nel “Dizionario di Geografia Antica e Moderna” pubblicato nel 1871 Pragelato viene citata appunto per il miele. Intorno all’anno 1886 nella zona si contavano più di 35 apicultori. La produzione veniva destinata al consumo diretto o all’esportazione nella vicina Francia. L’apicoltura di Pragelato venne esercitata con le tecniche tradizionali (bugni in legno o in paglia) fino al 1937 quando venne inaugurata la Stazione Sperimentale di Apicoltura Moderna diretta prima da Don Giacomo Angeleri e poi donata all’Università di Torino. Con il passare degli anni, vennero introdotte le arnie costituite da casette di legno smontabili e da telai asportabili che consentirono un miglior sfruttamento dell’alveare. Per valorizzare le risorse locali e tutelare la tipicità del prodotto, nel 1974 fu fondato il “Consorzio Apicoltori Pragelato”. In zona si produce soprattutto miele della varietà “millefiori” , di ottima qualità e dal gusto molto dolce. Nell’area di Bellino oltre al normale consumo era particolare l‘uso alternativo del miele per preparare una gustosa bevanda chiamata “Vin Melà”, ma anche a scopi medici, col “ Mel rouzà” che veniva impiegato per medicare il mughetto dei bambini.

I formaggi. Una nota infine a riguardo della disponibilità di ottimi formaggi, che entrano a far parte degli ingredienti delle specialità culinarie locali: le tome d’alpeggio, a pasta semidura di varia stagionatura e diffuse in tutte le zone destinate alla monticazione estiva , il Plaisentif (o “formaggio delle viole”), tipico prodotto caseario degli alpeggi della Val Chisone cui sono stati dedicati un sentiero escursionistico tematico ed una festa nel mese di settembre, formaggi caprini e ricotte (“seirass”).

Le principali ricette

Le ricette che caratterizzano il territorio degli Escartons sono dunque basate su questi semplici alimenti. Esse si ripropongono in quasi tutte le valli, con alcune varianti dettate dagli usi locali. La ricetta forse più semplice da eseguire è quella delle Trufa a la säl, in cui le patate sbucciate si fanno semplicemente cuocere in abbondante acqua salata con l’aggiunta di salame e lardo. Tipiche della zona di Pragelato sono le Calhétta ‘d trufa (cagliette di patate), che ritroviamo anche in Val Susa con lo stesso nome e con la versione di Rochemolles che comporta l’aggiunta di ortiche e toma. Sempre a base di patate sono i Tourteus de trufo o Bigno del Queyras, tipo di frittelle di patate crude grattugiate e cotte nell’olio, che a Pragelato si chiamano Pilot. Le Ravioles di Bellino (Val Varaita), si distinguono da tutte le altre versioni di gnocchi per l’aggiunta di toma nell’impasto di base costituivano il piatto dei giorni di festa ed esitevano già prima dell’introduzione della patata quando al suo posto venivano utilizzate le castagne. Tra le varie terrine cotte nel forno ricordiamo la Glärë ‘d trufa. Due semplici prelibatezze a base di verdura raccolta nell’orto sono lo sformato e la zuppa di cavolo, Glärë ‘d tsaou e Boulhac ‘d tsaou. Tra gli alimenti impiegati per la preparazione di piatti locali troviamo la castagna, che non cresceva nei terreni in quota del territorio degli Escartons ma veniva acquistata in occasione dei mercati oppure scambiata con altri prodotti locali. Da provare la minestra, Soupë ‘d tsatanha e la zuppa Bouridda ‘d tsatanha. Il piatto forse attualmente più riproposto nelle saghe paesane è il Gofri , una sfoglia sottilissima e croccante costituita da un impasto di acqua, farina e lievito cotto in apposite piastre di ghisa unte con olio e lardo e riscaldate sulle stufe. In alcune versioni l’impasto viene arricchito con uova e latte, così da renderlo più nutriente. Un tempo il gofri si gustava da solo, oggi lo si farcisce a piacere con affettati, formaggi o marmellate.

La cucina in biblioteca

Per quanto riguarda il Briançonnais, si segnala che l’ufficio del Turismo di Briançon nel 1992, in occasione dei Trecento anni dall’avvio dell’attività di fortificazione della città ad opera del Vauban, ha avviato un’iniziativa di rivalutazione del patrimonio culinario della regione, abbinata alla valorizzazione storica della città. Sono stati così individuati i “Menù Vauban” ovvero una serie di proposte di antiche ricette locali del XVII secolo, in collaborazione con l’Associazione per la Protezione del Patrimonio Culinario e delle arti della Tavola, proprietaria della preziosa Biblioteca Sender, la più importante raccolta di ricette della cucina francese del XV secolo comprendente ben 7500 volumi. Tra le ricette tipiche riportate nel ricettario “Comme autrefois…” segnaliamo: il Toupina, una specie di patè a base di latte cagliato, un tempo preparato in un contenitore di terracotta che veniva interrato per diversi mesi, da spalmare sul pane tostato e da servire come antipasto, la Torta al cavolo di Briançon, i Crozets, quadrotti di pasta posti a gratinare con gruviera grattugiata e una serie di piatti a base di patate (la Draguette, i Ravioles, i Tourtons) sostanzialmente simili a quelli in uso nelle valli limitrofe. Le dolci Croutes dorées hanno come ingrediente principale le fette di pane intinte nel latte e nell’uovo sbattuto, poi fritte nell’olio e servite con zucchero e fettine di mele precedentemente passate in padella.

Ultimo aggiornamento: 12/11/2024 11:41